venerdì 28 novembre 2008

Le nuvole...

Le nuvole mi ispirano poesia,
sdraiata su un prato osservo le nuvole scorrere lentamente nel cielo azzurro,
quel bianco così candido,
simile ai batuffoli di cotone,
immagino soffici, chissà se c'è qualche sorridente angelo che salta da una nuvola all'altra?
Le nuvole mi regalano pace.
E' un'arte della Natura,
meravigliosa...

martedì 25 novembre 2008

Il primo incontro...

A primavera ho acquistato una Reflex, il mio scopo è di fotografare la bellezza della natura, gli animali “wildlife”, paesini e borghi abbracciati dalla grande natura …e ovviamente i miei animali. Le prime uscite con la nuova fotocamera sono state sulle colline e montagne della mia zona. Scarpe da trekking, uno zaino con i rifornimenti e via ad avventurarmi tra i campi, boschi, alla scoperta di fiori e farfalle, piante e…ungulati! L’emozione del mio primo incontro con un animale in piena libertà è stata indimenticabile. In occasione di un ponte ho trascorso un lungo week end sul Gran Sasso. Appena arrivata ho intrapreso una passeggiata verso la grotta d’oro, sempre armata della mia fotocamera e speranzosa di avvistare un animale anche solo per poco tempo. “Un passo dopo l’altro, le montagne maestosamente alte attorno a me, un fiore, un altro fiore, di forma e colori diversi, splendono fieri al sole, una cascata sulla mia sinistra dove l’acqua scende limpida e gelida, un passo dopo l’altro, alcune farfalle mi accompagnano svolazzando tra un petalo e l’altro, le loro ali con i disegni e colori sono stupendi. Riconosco il profumo della natura….della terra, delle rocce e delle piante. Mi fermo su un sasso ed assaporo questi momenti. Finalmente tutto rallenta, c’è calma, ogni tanto soffia il vento, ma per me è come una carezza, qualche nuvola a forma di panna montata passa sopra le cime dei monti…..mi unisco alla natura. I miei occhi si posano su una roccia abbastanza alta, un camoscio mi stava osservando. Un camoscio!!!!! Con le mani tremanti cambio l’obiettivo della fotocamera, è lì! E’ lì!! Poi avvisto un altro camoscio, una femmina!! Mi butto a terra e comincio a scattare, mentre scatto mi avvicino sempre di più. Il camoscio maschio è assai curioso di me e i suoi occhi mi scrutano, ma noto che non ha paura. Mentre la femmina è impaurita e mi guarda un po’ preoccupata. Un passo dopo l’altro, arrivo quasi sotto la roccia e scatto, scatto. Emozionantissima, in quel momento smetto di scattare e ci studiamo a vicenda, poi il maschio lecca il muso della femmina, forse per tranquillizzarla. Il mio cuore batte fortissimo, siamo lì da soli, noi tre. Sono bellissimi. Dopo un po’ se ne vanno saltellando con abilità sulle rocce, forse alla ricerca di cibo. Che emozione!!!! Sorrido e lancio un grido di gioia….”

giovedì 20 novembre 2008

Milou.

Oggi vorrei dedicare questo post a Milou. Il mio gattone, un soriano che esattamente oggi due anni fa se n'è andato, dopo quasi vent'anni insieme. Il suo faccione era bellissimo e molto espressivo. Quando gli girava male il suo muso diventava imbronciato, se era contento era capace di sorridere e illuminarsi gli occhi. Quasi vent'anni insieme...quante cose abbiamo combinato insieme?? Quel Natale che io avevo acceso una candela e tu incuriosito ti eri avvicinato un pò troppo e ti eri bruciato un paio di baffi!! E quando eri sparito per i tre lunghissimi giorni, avevo pregato così tanto che mai in vita mia avevo fatto! Adoravi moltissimo il pesce e quando mia mamma li puliva in cucina diventavi un esaltato, pure un ottimo tenore e con la tua zampa riuscivi a fregare un pesce al volo. Amavi persino sederti sulle mie spalle, mi avvolgevi con il tuo corpo come un colletto di pelliccia. Eri terribile, ma sapevi farti amare e tanto.
Grazie Milou di essermi stato un amico, un compagno di giochi, allegria, un gomitolone di lana soffice su cui mi potevo appoggiare nei miei momenti tristi. Mi manchi tanto, ma sono sicura che starai correndo e giocando in un bellissimo campo con Charlie e Elite. Grazie...

mercoledì 19 novembre 2008

I suoni degli animali nell'antichità.

Com’era il mondo sonoro dell’antichità? Il filologo classico Maurizio Bettini ricostruisce la “fonosfera”, cioè l’insieme dei suoni che riempivano l’aria, nell’antica Grecia e nella Roma repubblicana e imperiale attraverso i non pochi indizi presenti nelle fonti classiche.Ne scaturisce un ritratto molto diverso dal mondo contemporaneo. Solo le voci umane rappresentano un elemento immutabile nel corso dei secoli, mentre tipici del mondo antico dovevano essere i rumori delle attività artigianali, quali i colpi dei fabbri e le mole dei mulini cittadini. Soprattutto i suoni prodotti dagli animali, ricorda Bettini, erano molto più variegati e presenti rispetto a oggi, visto che le “fonti” che le emanavano erano parte fondamentale del mondo produttivo della città antica.
La nostra vita è immersa nei suoni. Clacson di automobili, rombo di motori, grida o mormorii televisivi, musica che echeggia nei locali pubblici, un’infinità di voci, accordi, squilli o semplici rumori della cui esistenza non ci accorgiamo neppure più, se non quando tutto questo, per un motivo o per l’altro, bruscamente cessa. La nostra vita si svolge all’interno di una vera e propria fonosfera. E nel mondo antico? In che cosa consisteva la fonosfera degli antichi?Possiamo immaginare che, anche in essa, circolassero voci o grida prodotte dagli esseri umani, come accade nel mondo contemporaneo, magari con intensità e frequenza anche maggiore. Parole di uomini, ossia gente che discute per strada, si chiama dalla finestra o semplicemente canta. Ma a parte questa immediata intersezione fra le due fonosfere, identificarne altre è difficile: vengono in mente piuttosto le sonorità che il mondo antico non aveva, mentre il mondo moderno le ha; e in misura forse minore, quelle che il mondo antico possedeva e che noi abbiamo perduto.Di certo, per esempio, la fonosfera antica non conteneva i rumori del traffico, l’urlo delle sirene o i fragori delle fabbriche; né conosceva quel petulante mix di musica e di voci che, diffuso dagli altoparlanti, fa ormai stabilmente parte dell’arredamento (sonoro) di molti ambienti contemporanei, pubblici e privati. Soprattutto nella fonosfera antica non vi era traccia di una presenza che, nel mondo moderno, si è fatta invece pervasiva. [...]
A questo punto sorge una domanda. Dobbiamo immaginare quello antico come un mondo più silenzioso di quello odierno? Difficile dirlo, anche se, almeno in media, la fonosfera dei nostri avi avrà per forza avuto intensità minore rispetto a quella contemporanea; insomma, era di certo una fonosfera più sottile e leggera. Soprattutto però diverso doveva essere il suo impasto, perché in essa figuravano suoni e rumori che nel nostro mondo, a motivo dei vari mutamenti di civiltà, sono ormai andati perduti. Si pensi per esempio ai colpi del martello, il malleus o marculus dei Romani, uno strumento che doveva essere molto più usato di oggi (fabbri, stagnai, maniscalchi, carpentieri...); allo strepitus prodotto dalle molae, le macine dei mugnai, le quali trituravano il grano ruotando attorno a un asse sotto la spinta di schiavi o di asini; poi naturalmente al cigolio dei carri, le cui ruote sobbalzavano sui sassi degli acciottolati cittadini.
C’è almeno un’altra “voce” importante che occorre registrare: le emissioni sonore prodotte dagli animali, ossia latrati, ragli, nitriti, belati, grugniti, cinguettii e così di seguito. A noi moderni capita raramente di udire la voce di un cavallo, di un asino o di un bue, mentre l’abbaiare di un cane corrisponde, in genere, solo a un fastidioso rumore di barboncino due piani sopra. Anche degli uccelli e dei loro canti possiamo accorgerci solo se abitiamo in qualche quartiere residenziale, o nei periodi di vacanza. Nell’antichità era diverso. Prima di tutto, le voci degli animali erano infinitamente più numerose e più diffuse di quanto possa accadere oggi, perché le “fonti” che le emettevano facevano strettamente parte del tessuto economico, sociale o semplicemente umano del mondo antico. A differenza del mondo moderno, asini, buoi, cavalli, cani e così via accompagnavano stabilmente l’attività e la vita quotidiana degli uomini, e come tali le loro voci dovevano risultare assai consuete alle orecchie dei nostri antenati. Occorre inoltre tener conto del fatto che, come si è visto, la fonosfera antica era assai meno ingombra, meno pesante di quella contemporanea, di modo che le voci degli animali, oltre che più diffuse, dovevano risultare anche estremamente più udibili rispetto a oggi. In questo senso, si potrebbe affermare che anche gli antichi disponevano di un loro particolare genere di musica diffusa, la quale [...] aveva la funzione di “arredare” fonicamente gli ambienti in cui si svolge la vita delle persone. Salvo che questa musica era costituita dai canti degli uccelli, la cui aerea presenza era molto più numerosa, variata e distribuita di quanto non accada oggi; senza che, all’interno della fonosfera, le loro voci fossero coperte da ben altre e più potenti emissioni.
Le voci degli animali, infatti vengono sfruttate simbolicamente, come la loro forma, colore e comportamento. Nascono così proverbi e modi di dire: «tanto va la gatta al lardo», «furbo come la volpe». Nascono favole: Il lupo e l'agnello, La volpe e l'uva. Nascono poesie: come dimenticare il cosiddetto «giambo sulle donne», in cui Semonide classifica le donne secondo i caratteri degli animali cui somigliano? La donna-scrofa non si lava mai, indossa abiti sporchissimi e ingrassa, rotolandosi nel letame; la donna-volpe sa tutto, controlla tutto, ma si adegua agli eventi, e vi si adatta; la donna- cagna vagola per la casa latrando, non tace neppure se la bastoni; l'asina invece, paziente e lavoratrice, puoi bastonarla e non protesta...Ma torniamo alle voci: tante e diverse, esattamente come le lingue umane. Ed esattamente come le lingue, originariamente tutte uguali. Un tempo infatti, racconta Filone di Alessandria, gli animali avevano tutti la stessa voce. Ma un giorno, perso ogni senso della misura, chiesero l'immortalità. E furono puniti: da quel momento cominciarono a parlare in modo diverso, ogni specie a modo suo: superfluo segnalare il parallelo con il racconto di Babele.
Tante lingue, dunque, all'interno delle quali Bettini si sofferma, in particolare, su quella degli uccelli e la indaga seguendo diverse strade: quella, già segnalata, della capacità delle loro voci di veicolare significati simbolici e culturali; quella, non meno affascinante, della riarticolazione sonora della loro voce, per far pronunziar loro brevi messaggi in lingua umana: a partire da Alcmane (che affermava di aver trovato la propria poesia rielaborando il canto delle pernici) si arriva, per citare un celebre caso, alla riarticolazione del verso della gallina in Giovanni Pascoli, nella poesia Valentino: «le galline cantavano, Un cocco! / ecco ecco un cocco un cocco per te ». E poi, ancora, i racconti mitologici, in cui si trovano animali che possiedono una compiuta capacità linguistica. E per finire la divinazione: trasformato in «segni», il canto degli uccelli attribuisce loro la capacità di predire il futuro e di dare ordini. Erano animali autorevoli gli uccelli, nell'antichità. Non a caso Aristofane, nella commedia che da loro prende il nome, immagina che, aiutando gli ateniesi disgustati delle condizioni di vita in patria a fondare una nuova città fra cielo e terra, essi possano riconquistare l'antica signoria, usurpata dagli dei. Nell'impossibilità di rendere conto della ricchezza di questo libro, per segnalarne la rilevanza basterà ricordare, concludendo, che grazie a esso l'antropologia delle antiche voci animali diventa antropologia della cultura classica: la trascrizione delle loro voci ci consente di vedere gli animali come li vedevano gli antichi.

lunedì 17 novembre 2008

Confermato l'abbattimento dei cervi al Parco dello Stelvio

Chiederemo inoltre al Ministro dell’Ambiente di annullare la delibera perché oggi il Parco nazionale ha deciso di procedere agli abbattimenti senza la necessaria Valutazione Ambientale Strategica così come previsto dalla normativa europea. ” Ha detto Enzo Venini Presidente WWF Italia. La delibera approvata oggi prevede un tariffario per i cacciatori: 168 euro per abbattere un cervo, scontati a 79 nel caso se ne abbattano 10. (non ho parole....) Il piano prevede l’abbattimento di migliaia di cervi da parte di “selecontrollori”, normali cacciatori di selezione “formati” da un corso di soli tre giorni e non appartenenti all’ente pubblico, nonché una vera e propria vendita di capi secondo una precisa tabella ai cacciatori residenti in valle. Il tutto, senza coerenza con il mandato di un parco nazionale, è giustificato da presunte ragioni gestionali e di contenimento di danni vegetazionali. Sulla decisione il rappresentante della Regione Lombardia si è astenuto, non avvallando così una decisione illegittima. “Questa decisione è un segnale di grossa debolezza da parte del parco che rinuncia così a gestire la fauna selvatica a favore di un espediente per fare cassa, cedendo alle pressioni di parte del mondo venatorio.” ha detto EnzoVenini, Presidente WWF Italia. L’unico mezzo efficace per controllare la popolazione di ungulati è infatti legato al ritorno potenziale dei predatori naturali e altre ragioni conservazionistiche quindi rendono inammissibile il prelievo di cervi all’interno dei confini del Parco Nazionale dello Stelvio. Stando ai dati attuali sull’areale occupato dal lupo il Parco sarà presumibilmente presto colonizzato dalla specie, il quale in tutta Europa ha una funzione regolatrice delle popolazioni di cervo. E' un'ipotesi fondata quindi che all'arrivo del lupo la densità dei cervi diminuirà molto a causa della predazione e per una migliore distribuzione degli animali. Potrebbe essere un grave errore rimuovere una risorsa importante per il predatore proprio ora che sta ricolonizzando anche le Alpi centrali. “In un’ area protetta la fauna è un fondamentale elemento attrattivo per i visitatori e la loro scarsa visibilità potrebbe portare ad una minor fruibilità turistica del luogo – dice ancora Enzo Venini -, con conseguenze sullo sviluppo economico locale in zone di montagna. Chiediamo che il piano sia sottoposto alla normale procedura di Valutazione Ambientale Strategica prevista dalla legge”.
Uno dei commenti:
Vergogna, vergogna,vergogna, davanti a Dio e davanti agli Uomini!Ormai non si pensa altro che al Business, a fare soldi, in questo caso a rifornire i ristoranti di carne di Cervo e quanto d'altro..., fregandose altamente della Natura; prima si deve subire la predazione e la distruzione della fauna Marina dove multinazionali del pesce dell'industria e degli Armamenti, per il solo loro interesse, stanno inquinando e distruggendo il Mare, ed ora palesemente con la complicità di qualche giudice corrotto o irresponsabile, l'Uomo fa la stessa cosa sulla Terra, distruggendo il futuro dei nostri figli. (...)
Un altro commento:
è giusto che venga attuato un piano di abbattimento anche all'interno del parco nazionale,di cervi ce ne sono troppi,causano incidenti stradali e nelle condizioni in cui sono,essendo troppi e tutti consaguinei non son nemmeno belli da vedere! (ma senti chi parla!!! Ma li ha mai visti??).
Un altro ancora che fa di certo riflettere:
Questo è un chiaro esempio delle conseguenze della stupidità umana!SE I CERVI SONO TROPPI,LA COLPA è SOLO ED ESCLUSIVAMENTE DELL'UOMO CHE,PER ANNI,HA LAVORATO A DISTRUGGERE UN ANELLO DI QUELLA CATENA ALIMENTARE CHE UN TEMPO PROVVEDEVA A REGOLARE GLI EQUILIBRI TRA ANIMALI E NATURA!

giovedì 13 novembre 2008

Gli elefanti...

Gli elefanti sono animali giganti, forti, potenti, eppure piangono come è citato nel La Repubblica:
La leggenda secondo cui esistono "cimiteri degli elefanti", in cui le creature della savana si riuniscono per commemorare i defunti, ha trovato una conferma scientifica. Uno studio triennale condotto in Africa da ricercatori della Essex University, pubblicato sulla rivista “Biology Letters della Royal Society”, rivela che gli elefanti danno grande importanza ai morti, e che si sentono spinti a toccare delicatamente le ossa dei esemplari deceduti, con la proboscide e le zampe. «Quando trovano resti di uno di loro», dice la dottoressa Karen McComb al Daily Telegraph, «gli elefanti ci girano intorno compiendo uno stretto cerchio, con le orecchie e la testa abbassati, mostrando tensione. Quindi toccano e odorano la carcassa. Se ci sono ancora le zanne dell'animale morto, le raccolgono con la proboscide e le portano via con loro. Tuttavia non sembrano fare distinzioni tra il cadavere d'un elefante del loro branco o uno sconosciuto». Lo studio conclude che gli elefanti hanno molte caratteristiche simili agli esseri umani, inclusa quella, già conosciuta, di piangere. La ricerca è stata compiuta all'Amboseli National Park, in Kenya.
Ho visto tanti elefanti chiusi in zoo o circhi, tutta un'altra cosa vederli liberi nella savana in Africa. In Kenya ho potuto osservarli dall'alba al tramonto, solitari o in gruppo, cuccioli con mamme. Scenari che non dimenticherò mai...Oggi lo dedicherò a loro citando anche un libro "L'inverno degli elefanti" di Kim Echlin, ora difficile da trovare se non nei negozi di libri usati.
"Mi chiamano la guardiana degli elefanti e mi piace. Quando si sceglie di vivere con gli elefanti si sceglie di vivere soggiogati, in schiavitù. Io mi lascio affascinare da loro, mi espongo alla loro forza, che spezza e piega, che libera e vince.
Sono prigioniera al pari di loro e le nostri comuni catene ci liberano. Non esistono quasi parole che descrivano una cosa simile.
(...) Il linguaggio degli elefanti:
mrii-ahah= gorgoglio di buongiorno.
grht= benvenuto riservato ad un amico particolare e un membro di famiglia.
ooo ahahaha-whoo aoh: un profondo gorgoglio che significa "Sono qui, sono qui per te (per quanto la natura me lo permetterà)= gli elefanti usano questo saluto quando accorrono in aiuto di uno di loro.
(...) quando lo ascolto, penso ad Emily Dickinson, al ritmo delle sue poesie:
L'amore - è precedente alla Vita
Posteriore - alla Morte
Dà inizio alla Creazione, e interpreta la Terra."

lunedì 10 novembre 2008

"Indru si era reso conto che gli umani non erano così diversi dai lupi. […] Voleva restare in loro compagnia, correre con loro come avrebbe fatto col proprio branco. Non poteva lasciarli morire, proprio come non poteva lasciare che un cucciolo soffrisse la fame quando lui aveva la pancia piena di carne. Allora aveva deciso di insegnare agli umani alcune cose, per aiutarli a sopravvivere. Qualcuno dice che, quando il lupo e l’umano si sono coricati insieme, le loro anime si sono intrecciate. E aggiunge che, quando si sono separati, ciascuno di loro ha mantenuto un pezzo dell’anima dell’altro.".
14.000 anni fa. La falce di luna che marchia il petto grigio di Kaala segna il destino della piccola lupa: rivelando la sua estraneità al Branco del Fiume Rapido, condanna la madre all'esilio e lei e i suoi fratelli alla morte. Ma Kaala non vuole morire. In lei arde uno spirito indomito, che le permette di superare il disprezzo degli altri lupi, di cacciare anche quando le forze sembrano abbandonarla e di opporsi alle difficoltà con fiera determinazione. Poi, un giorno, Kaala salva una bambina dall'impetuosa corrente del Fiume Rapido e, sebbene le leggi dei lupi vietino di entrare in contatto con gli umani, considerati nemici mortali, tra lei e la bambina s'instaura subito un legame forte, autentico, che porta due esseri completamente diversi a scoprire un'intesa straordinaria. Così, quando lo scontro tra gli umani e i lupi appare ormai inevitabile, per Kaala arriva il momento della scelta: rientrare nel branco e difenderlo oppure schierarsi al fianco di colei che le ha dimostrato comprensione e affetto. Una decisione che potrebbe segnare il futuro della vita sulla Terra... Questo romanzo è la storia di un'amicizia impossibile, di una promessa che non può essere mantenuta e di una lotta che risale alle origini del tempo e che forse non si è ancora conclusa. Ma soprattutto è la storia di una giovane lupa e di una «cucciola umana», unite nella certezza che l'innocenza e l'altruismo sono le uniche leggi cui è giusto obbedire. Ed è intensa, profonda e toccante come tutte le grandi storie
L'AUTRICE Dorothy Hearst ha lavorato come editor per varie case editrici, tra cui la Cambridge University Press e la John Wiley & Sons; dal 1997 fino a poco tempo fa è stata senior editor presso la Jossey-Bass, dove si occupava di libri incentrati su temi sociali. A un certo punto, però, i lupi hanno bussato alla sua porta, chiedendole di raccontare la loro storia, e lei ha ascoltato il loro richiamo. Così è nato La promessa dei lupi, accolto con entusiasmo negli Stati Uniti e i cui diritti di pubblicazione sono stati venduti in tutto il mondo. Consiglio di guardare il sito dell'autrice:http://www.dorothyhearst.com/, contiene un'ampia sezione dedicata alla storia ed alla vita dei lupi compreso le associazioni che si occupano di aiutare questi meravigliosi animali.

giovedì 6 novembre 2008

CLIMA, SCOPERTA PIETRA CHE ASSORBE CO2

Una pietra che si trova soprattutto in Oman, la peridotite, potrebbe servire ad assorbire anidride carbonica, la cui diffusione nell'atmosfera è considerata una delle principali cause dell'effetto serra. Secondo lo studio dei geologi americani Peter Kelemen e Juerg Matter, quando CO2 entra in contatto con la peridotite il gas si calcifica. Il fenomeno avviene in natura, in misura limitata, ma potrebbe essere riprodotto su larga scala per contribuire a ripulire l'atmosfera ma per ora i costi sono troppo alti. Da Televideo

mercoledì 5 novembre 2008

Bodie (CA-USA), città fantasma.

Bodie è situata sperdutamente all’Ovest delle montagne presso la Sierra Nevada , è una città abbandonata della corsa all'oro della California, il clima è sempre stato brutto, estati afosi e inverni rigidi. Aveva una popolazione di circa 10.000 ed è cresciuta grazie all'industria mineraria. Bodie ha preso il nome da Waterman S.Bodey che ha scoperto l’oro nel 1859. Il cambiamento ortografico del nome è spesso stato attribuito ad un errore di un disegnatore d’insegne, ma invece, è stata una decisione della gente di Bodie per assicurare una buona pronuncia. In questa città c’era l’alta percentuale della delinquenza e criminalità. I morti uccisi erano una monotona regolarità, la campana della chiesa suonava ogni morto e spesso si sentiva suonare più volte. Una bambina di cui i genitori dovevano portarla in questa remota ostile e infame città, scrisse nel suo diario: “Addio, Dio, io vado a Bodie.” Questa frase divenne famosa in tutto l’Ovest. I furti, le rapine delle carrozze, le risse per le strade facevano varietà, e i 65 saloon offrivano tante opportunità di rilassamento dopo tanti giorni di lavoro nelle miniere. Il Reverendo F.M. Warringon nel 1881 disse di proposito: “E’ un mare di peccati frustato da tempeste di brame e di passione.”
Oggi rimane un luogo silenzioso, quasi spettrale, con le case intatte, nonostante il passare degli anni. Hanno lasciato così com'era quando l'ultimo abitante se ne era andato.
Quando entro in questa cittadina contemporeanamente vado indietro con il tempo. Mi sembra di vedermi con addosso con un vestito dell'800 con un simpatico cappello a curiosare attraverso le finestre delle case. Ci sono ancora le tende, ma ormai a brandelli, i muri con la tappezzeria a fiori piena di umidità, letti di ferro battuto arrugginiti, persino materassi ormai in pessimo stato, qualche sedia di legno a dondolo, attorno al camino qualche pentola e piatto, persino giornali e giochi per bambini. In una finestra distinguo una donna seduta su una sedia a dondolo a sferruzzare qualche maglia ad aspettare il rientro del marito dalla miniera o dal saloon. Un bambino giocare per terra con il suo soldatino di legno e un neonato dormire nella sua culla. Mentre fuori ci sono gli spari di un deliquente che corre sulle strade di polvere terrorizzando la gente di passaggio. Corro nascondendomi tra la gente e mi fermo in una scuola, attraverso i vetri vedo tante piccole scrivanie, sopra sono appoggiati quaderni e libri, improvvisamente tanti bambini scorrazzano per l'aula, qualcuno disegna un foglio, un altro legge un brano, la maestra che tenta di calmare alcuni scolari vivaci. Quante voci, gridolini...
Ed ecco suonare la campana della chiesa, lì si può entrare, mentre cammino sento scricchiolare sotto i miei piedi le assi di legno. I fedeli sono sulle panche a pregare assieme al Reverendo, si sente il mormorio delle preghiere. Un luogo, forse l'unico, di pace.
Esco, per le strade polverose incontro un albergo, sbircio attraverso una porta finestra, alcuni uomini stanno giocando a biliardo e le donne chiacchierano sedute sulle poltroncine. Qualcosa mi distrae, un ragazzino mi sfiora e corre verso un negozio di alimentari e tessuti. Incuriosita attraverso la strada dove è appena passata una carrozza con due cavalli. Con il naso incollato al vetro vedo i prodotti alimentari, nastri, le stoffe...persino il caffé.
Poco lontano uno schiamazzo mi attira, proseguo con il mio vestito impolverato verso il saloon, un uomo mezzo ubriaco è steso per terra con un occhio viola. Si sente uno sparo e la gente scappa tra le grida di una donna molto vistosa, ma l'uomo ubriaco ha sparato ad un palo di legno scambiandolo per una persona. Arriva lo sceriffo, lo incatena e lo porta nella cella.
Una bambina con i boccoli che le scendono sulle spalle e un grazioso vestitino mi sorride e mi dice: "Qui siamo a Bodie!" e se ne va saltellando.
Salgo su un monte passando per le case, su alcune verande ci sono le pale, sicuramente di qualche miniatore tornato a casa a riposarsi. In cima sotto un bel sole e il cielo azzurro mi giro a guardare la cittadina, io sono di nuovo in t-shirt e pantaloncini. Le persone spariscono gradualmente, il silenzio mi avvolge...resto qualche minuto a respirare il profumo dei fiori e della terra poi mi avvio verso la macchina.

martedì 4 novembre 2008

Adozione dal canile.

Dopo un anno e mezzo della morte della mia dolcissima cagnolina di 16 anni avevo deciso di prendere di nuovo un cane. Ero molto indecisa tra un cucciolo, uno di taglia piccola o grande già adulto. Ma di sicuro volevo salvarlo da qualche canile. Mi era arrivata una proposta di una ragazza che si occupa della salvezza dei cani e del canile di Rieti (http://www.ulminopericanidirieti.splinder.com/), c'era un cane che si stava lasciando andare. Un adulto di taglia grossa. Ogni giorno guardavo la sua foto sul sito delle adozioni. Ero fortemente combattuta...non potevo lasciarlo lì, chiuso in quell'orribile box a deprimere. E non avendo mai avuto un cane di grossa taglia nè adulto ero incerta sulle mie capacità di ridargli un sorriso. Era il mese di agosto, la partenza per le vacanze negli Usa era vicina e avevo deciso di rifletterci su durante il mio viaggio. Là vedevo ogni giorno ragazze o ragazzi, famiglie o persone anziane in compagnia di un cane, per la maggior parte di taglia media o grossa. E ogni giorno che passava mi sentivo sempre più sicura. Ma il massimo della sicurezza l'ho raggiunta quando sono andata, al ritorno dagli Usa, personalmente al canile di Rieti a trovarlo nel suo box. C'era un viale lungo, di fianco, sia a destra che a sinistra c'erano un centinao di box. I cani abbaiavano al mio passaggio, mi davano l'impressione di dirmi: fammi uscire da qui, ti prego! Il mio cuore batteva a mille, ogni sguardo di speranza, ogni abbaio mi faceva soffrire, mancare il respiro...una realtà crudele...loro hanno un cuore che batte, hanno il diritto di vivere...Mi sembrava di vivere in un bruttissimo sogno, ma andavo avanti...dovevo vedere lui, il mio cane. Era seduto e mi guardava con gli occhi ormai rassegnati, in solitudine e in silenzio. Sono entrata nel box per accarezzarlo. Persino il suo pelo era spento. Dentro mi era invaso all'improvviso un torrente forte, un miscuglio di forza, sicurezza e volontà. E tanto amore. Il mio cane dovrà ritornare a vivere. L'ho portato via e insieme a lui sono uscita da quel brutto sogno.
Nei primi tempi non aveva fiducia e stava spesso da solo. Ma con la mia determinazione e pazienza lo portavo ogni giorno a spasso, lo spazzolavo, lo coccolavo, gli davo i pasti, l'acqua fresca. Ogni giorno era un passo in più per me e per lui, scoprivamo insieme tante cose, le sue e le mie emozioni. Quando ha visto per la prima volta il mare era intimorito, sorpreso e curioso. Quando mi ha fatto capire che l'acqua del mare non l'avrebbe mai apprezzata mi ha fatto sorridere. Quando siamo sulle montagne si lancia in una corsa tutto felice, la natura per lui è un beneficio. Quando siamo in cima alla montagna contempliamo insieme il panorama, a volte anche abbracciati. Vedere i suoi occhi illuminarsi sempre di più mi riempie di gioia. Ha anche un suo "campo" che è diventato il nostro giro quotidiano, lì ha fatto conoscenze di altri cani e cagnette. Per lui è una specie di ritrovo e si diverte moltissimo.
Quando mi ha dato il primo bacio sul naso per me è stato bellissimo...ci siamo conquistati a vicenda. Ora sta tentando di conquistare anche i miei due gatti ed è stupendo vederlo in azione.
Quel cane rassegnato non esiste più, grazie a lui ho scoperto di avere la possibilità di ridare un sorriso.